Domus Palatina

Domus Palatina

La Casina Delle Civette

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el cuore del quartiere Nomentano, all'interno della magnifica Villa Torlonia, uno dei polmoni verdi di Roma, sorge la Casina delle Civette, un bizzarro complesso architettonico che non ha nulla a che vedere con i tipici stili architettonici della capitale. Assolutamente da non perdere per chi vuole scoprire un'altra faccia di Roma e trascorrere un pomeriggio immerso in una sorta di dimensione atemporale.

Il nome curioso dice molto di questa residenza che, a prima vista, sembra una vera e propria casetta delle favole. La costruzione è il risultato di una serie di trasformazioni e aggiunte apportate alla ottocentesca Capanna Svizzera, un romantico rifugio dall'aspetto rustico realizzato dall'architetto paesaggista Giuseppe Jappelli nel 1840 su commissione del principe Alessandro Torlonia. Gli anni passano e a partire dal 1908, per volere del principe Giovanni Torlonia, nipote di Alessandro, la Casina cominciò a subire una progressiva e radicale trasformazione su progetto dell'architetto Enrico Gennari, assumendo l'aspetto di edificio medioevale.

Tra il 1916 ed il 1920, l’architetto Vincenzo Fasolo aggiunse le strutture del fronte meridionale, elaborando un fantasioso apparato decorativo in stile Liberty e dando vita ad una delle strutture architettoniche più interessanti del tempo. L’edifico prese il nome di Casina delle Civette a causa del ricorrere del tema delle civette sia nelle decorazioni che sui mobili della villetta: stucchi, maioliche, vetrate, stoffe da parati e oggetti di arredamento. Pare che il principe Giovanni ne fosse ossessionato.

Alla morte di Giovanni Torlonia, avvenuta nel 1939, la Casina attraversò una fase di totale abbandono e degrado, fino al 1978, quando tutta l’area fu acquisita dal Comune di Roma, il quale avviò lunghi e costosi interventi di restauro che restituirono alla città uno dei più singolari e interessanti manufatti dei primi anni del Novecento. Oggi è una casa museo aperta al pubblico e vale veramente la pena visitarla.

Il complesso architettonico consta di due edifici, il villino principale e la dipendenza, collegati tra loro da una piccola galleria in legno e da un passaggio sotterraneo. Di notevole bellezza le vetrate realizzate in pregiati vetri policromi legati a piombo, alcune originali altre ricostruite in base ai progetti originari. Si possono ammirare diversi modelli di vetrate, tra le quali spiccano: “Civette“, “I migratori” o “La fata” di Duilio Cambellotti, che si caratterizzano per la grande varietà cromatica; “Cigni” e “I pavoni” di Umberto Bottazzi; “Rose, nastri e farfalle” o “Ali e fiamme” di Paolo Paschetto; e “L’idolo” di Vittorio Grassi.